Adesso canto io! L’incontro con le opere di Nidaa Badwan.

Così Nidaa mi ha descritto questa opera fotografica (in alto), il gallo rappresenta l’uomo arabo  che lei zittisce per iniziare a cantare la sua canzone, ballata dell’artista indipendente, canto di ogni donna libera.

12239620_980431362044206_6402855867786685214_nFacciamo un passo indietro, la storia di Nidaa Badwan merita di essere raccontata per comprendere come a volte ciò che ci appare come un’insormontabile avversità possa trasformarsi in un percorso di liberazione interiore, e come l’arte ancora una volta diventi fine e mezzo, veicolo di messaggi importanti per noi tutti. Il 19 novembre del 2013 Nidaa si è chiusa nella sua camera e non ne è più uscita per quattordici mesi. Il giorno prima un gruppo di miliziani di Hamas l’avevano fermata chiedendole:

“Perché porti quei pantaloni larghi? Devi indossare il velo, non quel cappello colorato. Sei strana, chi sei?”

“Un’artista” (risponde Nidaa)”

“Cosa vuol dire? Cos’è un artista e soprattutto cos’è un’artista donna?”

E così è iniziata l’avventura di Nidaa, come una protesta e una fuga, costruisce un’isola felice in una stanza, vestendola di arcobaleno, verità e sogno. Nidaa inizia un viaggio nelle profondità di se stessa, lontana dal rumore e dalla follia là fuori, ricrea un paese delle meraviglie nel quale diventa piccola e grande grazie alla luce che filtra dalla sua finestra per qualche ora al giorno.

12510242_10208505199377261_2949061974957518736_nVisitando la mostra di Nidaa: “Cento giorni di solitudine”, (a San Marino, Palazzo Graziani) scopro che vi sono fotografie vere come quadri, dove il colore viene spalmato, modellato a definire dettagli ricercati, sguardi profondi, fotografie talmente vere che mi graffiano l’anima e mi portano in quella stanza, seduta accanto all’autrice. Sento che queste opere sono frutto di un grande amore, un amore per la luce e per la verità che viene così ben raccontata dai titoli di giornale sullo sfondo di una parete o incollati su una valigia per ricordare che fuori dalla porta non c’è felicità ma una guerra di idee e corpi, di quelle che appaiono infinite e dalle quali puoi solo scappare. Mentre osservo i vari scatti mi perdo tra sfumature e vecchie macchine da scrivere, inizio a fantasticare sull’eroina colorata dagli occhi d’onice che mi racconta delle sue giornate, a volte ride, altre piange, sembra felice.

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Mi volto in cerca di Lorenzo, anche lui estasiato perso in quei colori e poi la vedo, lei, Nidaa, in carne ossa, uscita da un quadro per accoglierci nel suo mondo, il suo sorrise dolce e il suo sguardo fiero mi colpiscono al petto, ci parla del suo lavoro e del gallo della foto che tanto mi affascina, ringrazio in cuor mio la vita per questo magico incontro. L’esposizione di San Marino è stata particolarmente originale perché ad accompagnarla abbiamo incontrato un pianista dal nome Francesco Mazzarini, ci ha accolto anche lui iniziando a suonare una musica da sogno per rendere ancora più profondo il nostro viaggio in quella piccola stanza di Gaza. “Cento giorni di solitudine” non è una mostra fotografica come le altre, è un tuffo, un’esperienza di vita che consiglio a chiunque abbia il coraggio di sognare al di là di quel che accade fuori dalla porta. Grazie. (qui sotto, 2 opere fotografiche di Nidaa descritte nell’articolo)

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